Mercati instabili, la solidità dell’obbligazionario
Sommario
- La storia suggerisce che gli effetti della stretta monetaria sull’economia si stiano verificando secondo le tempistiche previste dettate da un naturale lag temporale, tuttavia qualsiasi futura normalizzazione della politica monetaria o persino il suo allentamento verosimilmente richiederà un ulteriore calo dell’inflazione.
- La volatilità nel settore bancario ha accresciuto le prospettive di un significativo inasprimento delle condizioni di erogazione del credito, soprattutto negli Stati Uniti, e pertanto il rischio di una recessione più vicina e più profonda.
- Agli attuali livelli di rendimento, le obbligazioni possono offrire un interessante equilibrio fra generazione di reddito e protezione rispetto a scenari di contrazione economica, mentre le dislocazioni di mercato stanno creando sacche di valore.
I periodi di incertezza evidenziano l’importanza di un approccio prudente negli investimenti.
I sensibili aumenti dei tassi operati dalle banche centrali per combattere l’inflazione hanno contribuito alla recente volatilità nel settore finanziario. Gli effetti di un inasprimento monetario si trasmettono infatti ai mercati e all’economia con uno scarto temporale. Il picco dei tassi ufficiali probabilmente sarà a un livello più basso rispetto a quanto i mercati scontassero in precedenza. Tuttavia per la normalizzazione e un successivo futuro allentamento della politica monetaria ci vorrà più tempo nonché un calo dell’inflazione che la riporti più vicina ai livelli target. Nel frattempo la disoccupazione probabilmente aumenterà.
Delle opportunità e dei rischi emersi più di recente nel panorama economico e degli investimenti abbiamo discusso al nostro Cyclical Forum di marzo a Newport Beach (per maggiori informazioni sui nostri forum guarda il Processo di investimento di PIMCO). Ci siamo anche confrontati con Michèle Flournoy, esperto di sicurezza nazionale e politica di difesa americana nonché membro del nostro Global Advisory Board, su come i rischi geopolitici potrebbero incidere sulle prospettive. Abbiamo continuato a confrontarci fra di noi mentre si dipanavano le criticità che hanno interessato il settore bancario e abbiamo in conclusione individuato tre principali temi economici per l’orizzonte temporale dei prossimi sei-12 mesi, che trattiamo nella parte successiva.
I recenti fallimenti di banche americane hanno innescato un’ondata di deflussi di depositi che ha indotto le autorità a intervenire per fermare il contagio. Le tensioni hanno portato alla scomparsa di Credit Suisse in Europa e scosso brutalmente il sistema bancario europeo in generale. È probabile che questi shock rallentino la crescita del credito in quanto le banche saranno meno propense a erogarlo, avvicinino un’eventuale recessione e aumentino il rischio di una contrazione più profonda.
I nostri forum si tengono trimestralmente ma le recenti turbolenze ci ricordano che i mercati non seguono calendari o programmi prevedibili. I nostri forum servono ad allargare lo sguardo, ad andare oltre il fragore quotidiano dei mercati, per individuare i temi importanti. Il nostro approccio agile e collaborativo agli investimenti però lo applichiamo ogni giorno. I nostri ultimi dibattiti hanno rafforzato l’importanza dell’approccio prudente al rischio che ha permeato i nostri portafogli modello negli ultimi cicli di forum.
In generale, crediamo che le obbligazioni continuino ad essere appetibili agli attuali livelli di rendimento, offrendo un equilibrio fra generazione di reddito e protezione rispetto a scenari di contrazione economica. Prediligiamo gli investimenti di maggiore qualità, più liquidi, ed evitiamo gli spazi di qualità inferiore e più sensibili al ciclo economico, quali il credito societario a tasso variabile con rating più basso, che sono i più esposti agli effetti della stretta monetaria. Stiamo cominciando a vedere opportunità più allettanti nelle operazioni più recenti sui mercati privati, ma i prezzi degli attivi esistenti sono lenti nell’aggiustamento rispetto ai mercati pubblici, e in un mondo di tassi di finanziamento più elevati il deleveraging forzato è probabile.
Prospettive economiche: dal percorso di rialzo al punto di svolta
Quando ci siamo incontrati per il nostro Cyclical Forum trimestrale di marzo, le linee generali del quadro delineato nelle Prospettive Cicliche di gennaio “Mercati in tensione, la forza dell’obbligazionario” restavano valide. Tra queste, le aspettative di modesta recessione nei mercati sviluppati con il dispiegarsi degli effetti della stretta monetaria. Abbiamo anche discusso di come i nuovi sviluppi, tra cui la riapertura più veloce della Cina, l’attenuarsi dello shock energetico in Europa e le revisioni positive dei dati americani potevano contribuire a una ri-accelerazione a breve della crescita del PIL reale.
A distanza di giorni, tuttavia, l’assalto agli sportelli della Silicon Valley Bank (SVB) negli Stati Uniti e di Credit Suisse in Europa ha gettato una nuova ombra sulle prospettive. Sebbene le situazioni di questi istituti fossero uniche nel loro genere, i loro problemi sono stati anche sintomatici di fragilità più generali nel settore derivanti dalla politica monetaria restrittiva. L’entità dell’impatto macroeconomico finale di questi eventi resta incerto ma lo slancio è chiaramente negativo.
Tenendo ben presenti queste incertezze, abbiamo proseguito i nostri dibattiti ed elaborato alcune conclusioni riguardo alle prospettive sull’orizzonte dei prossimi sei-12 mesi.
Sono aumentati i rischi di una recessione più vicina e più profonda
I fallimenti delle banche, l’elevata volatilità dei titoli azionari bancari in generale, il costo del capitale in aumento e il potenziale di fuga dei depositi per le piccole e medie banche americane più fragili accrescono le prospettive di un significativo inasprimento delle condizioni di credito, soprattutto negli Stati Uniti, e pertanto il rischio di una recessione più vicina e più profonda.
La politica monetaria esplica i suoi effetti con uno scarto temporale. Questi episodi rivelano che l’inasprimento delle condizioni finanziarie sta avendo un effetto crescente sul settore bancario e per estensione sull’attività economica, sulla domanda e in definitiva sull’inflazione.
La crescita del credito probabilmente rallenterà. I fallimenti hanno evidenziato problematiche delle banche di medie e piccole dimensioni (nel caso di SVB), che hanno scosso anche il settore bancario europeo, e Credit Suisse ha manifestato una vulnerabilità sua esclusiva a fronte delle sue difficoltà in termini di profittabilità e dell’essere nel bel mezzo di un ampio processo di ristrutturazione.
Negli Stati Uniti, consistenti perdite di portafoglio rispetto al capitale CET1, deflussi dei depositi e margini di interesse in contrazione stanno esercitando pressioni sulle banche di piccole e medie dimensioni che sono fondamentali per la crescita del credito. Nel 2022, secondo i dati della Federal Reserve queste banche hanno erogato circa il 30% di nuovo credito alle famiglie e alle imprese americane. Il credito da queste fonti probabilmente rallenterà, forse in modo sostanziale, con lo spostarsi della focalizzazione degli istituti piccoli e medi sulla gestione della liquidità a fronte dei costi più alti di provvista e probabilmente di un’applicazione più stringente della normativa bancaria. È improbabile che il vuoto sia riempito dalle banche più grandi soggette in modo più estensivo ai requisiti della Legge Dodd-Frank e meno propense a erogare credito potenzialmente più a rischio alle piccole imprese.
In Europa, il modo in cui le autorità elvetiche hanno orchestrato l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, approvando nel weekend una modifica di legge d’emergenza che ha azzerato il valore delle obbligazioni Additional Tier 1 (AT1) prima delle azioni, solleva questioni sul ruolo degli strumenti AT1 e sulla loro posizione all’interno della struttura del capitale che probabilmente innalzeranno il costo del capitale per il settore bancario in generale. Le autorità dell’Area Euro, del Regno Unito e di altri paesi hanno dichiarato pubblicamente che non seguiranno l’approccio delle autorità svizzere, ma quanto avvenuto con Credit Suisse è un precedente preoccupante che potrebbe cambiare in modo fondamentale il modello di finanziamento delle banche europee.
Gli eventi recenti probabilmente condurranno a una lieve recessione, nel caso degli Stati Uniti, e agiranno da ulteriore fattore sfavorevole che potrebbe benissimo trascinare anche l’Europa in recessione. Poiché le banche, persino quelle maggiori, i cosiddetti campioni nazionali, con consistenti riserve di capitale CET1, potrebbero subire una crisi di fiducia, noi crediamo che il rischio di una recessione più profonda sia sicuramente aumentato.
Tuttavia, ci sono valide ragioni per credere che questo non sia il 2008. Le famiglie dispongono tuttora di solidi risparmi, i rapporti fra debito delle imprese a livello aggregato e PIL appaiono gestibili con incidenza degli interessi negli indici di copertura tuttora bassa, e sinora le perdite delle banche derivano in generale dagli aumenti dei tassi di interesse che riducono il valore degli attivi con duration lunga e non da prestiti rischiosi o default sul credito. Le maggiori banche americane di importanza sistemica, che sono soggette a periodici stress test sulla liquidità e sul capitale, sono tuttora finanziariamente solide e hanno visto affluire verso di loro i depositi fuoriusciti dalle banche più piccole.
Banche centrali: minore inasprimento, ma allentamento più lento
Tutto ciò significa che le banche centrali probabilmente necessiteranno di un’azione meno decisa per ottenere lo stesso risultato: condizioni finanziarie inasprite che rallentano la crescita del credito, la domanda e alla fine l’inflazione. Tuttavia, non inasprire ulteriormente è qualcosa di diverso dal normalizzare la politica monetaria o addirittura allentarla, il che tuttora crediamo richiederà una discesa dell’inflazione verso gli obiettivi delle banche centrali.
In precedenza abbiamo affermato che passare dall’8% al 4% di inflazione negli Stati Uniti dovrebbe essere relativamente facile ma per passare dal 4% al 2% ci vorrà più tempo in quanto le categorie “più vischiose” legate all’inflazione salariale verosimilmente si modereranno con maggiore lentezza e in risposta all’indebolimento del mercato del lavoro. Continuiamo ad attenderci che l’inflazione di fondo dell’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti (CPI) a fine 2023 si attesti intorno al 3%, ancora al di sopra dell’obiettivo di inflazione del 2% della Federal Reserve (Fed) americana, e l’inflazione europea probabilmente su valori più alti.
I salari, meno elastici dei prezzi, in generale sono rimasti indietro rispetto all’aggiustamento dei livelli dei prezzi. In cicli passati, l’inflazione salariale ha cominciato a decelerare in modo sostanziale solo a un anno dall’inizio di una recessione.
Lo scorso ottobre, nelle nostre Prospettive Cicliche “Prevalere sotto pressione” avevamo sostenuto la probabilità di una recessione nel 2023 in conseguenza dell’azione decisa delle banche centrali per combattere l’inflazione. Il nostro giudizio si è fondato sull’analisi storica relativa a un periodo di 70 anni e a 14 economie sviluppate, il che suggerisce che gli effetti economici dell’inasprimento delle banche centrali potrebbero divenire più evidenti entro la metà del 2023. Secondo questa analisi, storicamente l’output gap ha avuto la tendenza a deteriorarsi 1 anno e mezzo-2 anni dopo l’avvio di un ciclo di rialzi dei tassi, e la recessione e gli aumenti della disoccupazione hanno avuto la tendenza a cominciare a distanza di 2 anni - 2 anni e mezzo. Questo ciclo sembra evolvere in generale in linea con questa scansione temporale storica.
I recenti sviluppi probabilmente indicano che la Fed è vicina alla fine del ciclo di rialzi, o forse l’ha già raggiunta, con un tasso ufficiale poco al di sotto del 5%. Tuttavia qualsiasi azione di taglio dei tassi verosimilmente dipenderà da come evolverà il rapporto fra il rischio per la stabilità finanziaria e il rischio di inflazione. Poiché è tuttora probabile che l’inflazione scenda lentamente, qualsiasi azione di normalizzazione della politica monetaria o persino di allentamento probabilmente giungerà anch’essa con lentezza.
L’inflazione probabilmente impiegherà più tempo a scendere nell’Area Euro e pertanto è probabile che la Banca Centrale Europea (BCE) continui con i rialzi più a lungo della Fed. L’inflazione europea ha seguito le orme di quella americana con uno scarto temporale di circa due trimestri per i prezzi e più lungo per i salari. I prezzi del gas più alti, una valuta più debole e un mercato del lavoro meno flessibile verosimilmente comporteranno un periodo più lungo di inflazione elevata in Europa. Riteniamo pertanto che un livello finale del 3,5%–4% appaia ragionevole per il tasso ufficiale fissato dalla BCE.
Infine, le regioni in cui si fa minore affidamento sui mutui a tasso fisso a lunga scadenza per l’acquisto della casa, come il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia, sono meno interessate dalle problematiche che affliggono le banche regionali americane. La trasmissione della politica monetaria in quei paesi agisce aumentando i costi delle famiglie attraverso il trasferimento diretto dei tassi più alti. Tuttavia, l’affidamento della Nuova Zelanda e dell’Australia sul finanziamento estero e i robusti legami commerciali del Canada con gli Stati Uniti innalzano il rischio di ricadute anche lì. L’economia giapponese nel frattempo si distingue per essere relativamente isolata, e continuiamo ad aspettarci che la banca centrale del paese si allontani dalla sua politica di controllo della curva.
Politica fiscale e regolamentazione: attenzione all’azzardo morale?
A fronte dell’inflazione tuttora elevata, degli alti livelli di debito pubblico e della diffusa convinzione che la risposta alla pandemia sia all’origine dell’attuale contesto inflazionistico, è improbabile un altro ingente intervento fiscale per rispondere a ulteriori tensioni sulle banche e all’aumento dei rischi di recessione salvo in caso di chiare gravi conseguenze economiche. Le risposte delle autorità saranno verosimilmente ritardate e meno aggressive.
Questo vale in particolare per gli Stati Uniti dove la pressione politica potrebbe aumentare il rigore dell’applicazione da parte della Fed della regolamentazione bancaria, soprattutto per gli istituti diversi dalle grandi banche di importanza sistemica, limitando l’erogazione del credito. La Fed potrebbe anche inasprire i requisiti normativi per le grandi banche regionali dove può.
Inoltre, con un Congresso diviso è probabilmente difficile che vengano adottate in via preventiva norme (ancorché temporanee) per ripristinare la fiducia nel settore bancario, quali l’aumento delle soglie della tutela dei depositi offerta dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC). Tuttavia, qualora altre piccole banche dovessero fallire, ci aspettiamo che l’FDIC e la Fed invocherebbero l’eccezione per rischio sistemico per creare un programma che garantisca i depositi di quegli istituti.
Sebbene, per proteggere famiglie e imprese dai rincari dell’energia e rispondere alle sovvenzioni per la transizione ecologica previste dall’Inflation Reduction Act americano, la politica fiscale in Europa e nel Regno Unito sia stata più accomodante, i livelli alti di inflazione e debito pubblico verosimilmente eserciteranno un freno rispetto a un’eventuale risposta fiscale anche in queste regioni.
Implicazioni per gli investimenti: procedere in modo prudente
I contesti di incertezza tendono a essere positivi per l’obbligazionario, e a maggior ragione dopo che il generale riprezzamento di mercato dello scorso anno ha spinto il livello corrente degli interessi, che storicamente è un solido indicatore di rendimento, su valori molto più alti. Crediamo che le obbligazioni siano pronte a esibire maggiormente le loro tradizionali qualità di diversificazione e preservazione del capitale, con potenziale di rialzo in termine di performance di prezzo nell’eventualità di ulteriore deterioramento economico.
Nell’attuale contesto, e in particolare alla luce delle sfide nel settore bancario, vogliamo essere prudenti nel posizionamento complessivo sul rischio.
Quando l’incertezza e la volatilità aumentano, la liquidità ovvero la profondità degli scambi sui mercati tende a diminuire, e la liquidità si è deteriorata nelle ultime settimane. Stiamo dando priorità alla liquidità più del consueto nelle nostre strategie, focalizzandoci sugli investimenti più facilmente negoziabili e preservando delle munizioni ovvero della liquidità per impiegarla per trarre benefici dalle opportunità che potrebbero derivare dalle dislocazioni di mercato.
Il modello a cerchi concentrici che usiamo da tempo e resta scritto sulla lavagna nella sala riunioni del nostro Comitato Investimenti continua a riflettere un approccio prudente. Questo modello (cfr. Figura 1) prevede nei cerchi della parte centrale gli attivi a breve e media scadenza del segmento tassi che presentano minor rischio su base relativa, spostandosi verso l’esterno si passa poi agli MBS agency americani e alle obbligazioni societarie investment grade dei cerchi intermedi per finire con l’azionario e l’immobiliare nel cerchio più esterno in cui si trovano gli attivi più rischiosi. Continuiamo a privilegiare gli investimenti nei cerchi più interni nel contesto attuale.
La politica delle banche centrali resta un driver cruciale. La variazione del costo del denaro all’epicentro si propaga via via ai cerchi più esterni. Prevediamo che la volatilità legata alla politica monetaria scenderà quest’anno con l’avvicinarsi della fine del ciclo restrittivo. Questo marca la differenza rispetto allo scorso anno durante il quale abbiamo osservato un ampio riprezzamento dei tassi della Fed e delle altre principali banche centrali.
Continuiamo ad aspettarci un intervallo di rendimento intorno al 3,25%– 4,25% per il decennale americano nel nostro scenario di base sull’orizzonte ciclico e range più ampi in altri scenari, con potenziale orientamento a spostare il range più in basso a fronte dell’aumento dei rischi economici e finanziari.
Priorità alle obbligazioni
A seconda degli obiettivi dell’investitore, oggi vi sono interessanti opportunità in investimenti a breve equivalenti alla liquidità visti gli interessi relativamente elevati in prossimità della porzione a breve della curva. Gli strumenti di liquidità possono non essere soggetti alla stessa volatilità di altri investimenti. Tuttavia, a differenza delle obbligazioni a più lunga scadenza, non offrono le stesse proprietà di diversificazione e capacità di generare rendimento totale attraverso l’apprezzamento del prezzo in caso di ulteriore discesa degli interessi come accaduto in passate recessioni. I tassi monetari sugli strumenti di liquidità possono inoltre essere fugaci con il rischio che gli interessi possano essere inferiori quando gli investimenti a breve giungono a scadenza e la liquidità va reinvestita.
Le tensioni nel settore bancario rafforzano il nostro approccio prudente rispetto al credito societario, soprattutto negli ambiti con rating inferiori come i prestiti bancari senior garantiti. Si tratta di prestiti a tasso variabile a imprese con rating inferiori che devono corrispondere interessi maggiori a fronte degli aumenti dei tassi da parte della Fed. Questo esercita pressioni su quelle imprese, soprattutto in contesti di economia in indebolimento.
La recente volatilità potrebbe essere un’anteprima di quello che attende le parti dei mercati del credito più sensibili al ciclo economico. Noi privilegiamo l’esposizione agli indici per il tramite di strumenti derivati rispetto all’esposizione generica a singoli emittenti in base alla valutazione e alla liquidità. Miriamo a limitare l’esposizione a settori, società e modelli di business deboli, vulnerabili ai tassi di interesse più alti. Continuiamo ad avere una predilezione per prodotti strutturati, cartolarizzati garantiti da attivi.
All’interno del settore finanziario, il generale indebolimento delle azioni privilegiate e dei titoli di capitale bancario ha reso più appetibili alcune delle emissioni senior delle banche più solide. Le grandi banche globali detengono consistente capitale e potrebbero trarre benefici dalle problematiche con cui sono alle prese gli istituti più piccoli. La valutazione e la maggiore certezza in merito alla posizione nella struttura del capitale del debito senior rafforza la nostra predilezione per quest’ultimo rispetto alle emissioni subordinate. Al contempo, lo shock inferto al mercato degli AT1 potrebbe contribuire a creare opportunità di investimento negli emittenti più solidi, soprattutto se le autorità europee possono adottare misure concrete per differenziare i mercati dell’Eurozona e del Regno Unito rispetto al problematico mercato svizzero.
Crediamo che gli MBS agency americani si confermino interessanti soprattutto dopo l’allargamento degli spread degli ultimi tempi. Possono esserci delle pressioni di natura tecnica a mano a mano che la Fed lascia decadere questi titoli dal suo bilancio ma gli MBS agency tipicamente sono titoli molto liquidi e assistiti da garanzia del governo federale o di una sua agenzia, che offrono resilienza e mitigazione del rischio di ribasso mentre i prezzi possono beneficiare di un premio per la complessità.
Debito sui mercati pubblici e privati
Per qualche mese abbiamo sostenuto che fosse opportuno al momento focalizzarsi sui mercati del credito pubblici dove i prezzi sono aggiornati e spostare l’attenzione sui mercati privati più avanti quando i prezzi fossero stati più realistici. Vista la loro rapida crescita nell’ultimo decennio, i mercati privati potrebbero trovarsi ad affrontare protratte tensioni che potrebbero peggiorare nell’eventualità di un atterraggio più duro per l’economia. Nelle ultime settimane, nelle valutazioni la distanza fra i mercati pubblici e privati è semplicemente aumentata.
Sui mercati privati i prezzi degli attivi esistenti restano disallineati mentre il flusso di nuove operazioni comincia ad apparire più appetibile. Siamo sempre più pronti a investire capitale al manifestarsi di opportunità.
Ravvisiamo opportunità in aree in cui la riduzione del rischio delle banche e la ridotta disponibilità di credito verosimilmente avranno un effetto pronunciato. PIMCO vanta una storia di collaborazione con le banche nell’aiutarle a risolvere i loro problemi di bilancio, sia negli Stati Uniti che in altri paesi. Al crescere delle pressioni sul versante della regolamentazione e su quello del bilancio, ci aspettiamo che un’ampia gamma di istituti di credito cercherà di ricapitalizzarsi e sarà maggiormente limitata nella capacità di erogare nuovi prestiti anche a mutuatari di massima qualità.
Il settore dell’immobiliare commerciale potrebbe trovarsi alle prese con ulteriori sfide, ma sottolineiamo che non tutto l’immobiliare commerciale è identico. Noi miriamo a restare nelle parti senior della struttura del capitale, in operazioni diversificate. È tutta un’altra cosa rispetto al rischio di qualità inferiore, su un singolo attivo o di tipo mezzanino, che noi cerchiamo di evitare.
Conclusioni
Crediamo sia importante restare prudenti in questo contesto, puntando su investimenti di maggiore qualità, più liquidi e resilienti. Più avanti quest’anno, se si raggiungerà un punto di maggiore chiarezza sulle prospettive economiche e questo sarà accompagnato da un riprezzamento dei settori di mercato più sensibili al ciclo economico, potrebbe essere il momento per passare all’attacco.
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I nostri Forum
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